con quanto piacere appresi, sotto le
bombe a Beirut, che la nazionale italiana mi aveva dedicato la
Coppa del Mondo che aveva appena vinto. E' un vecchio idillio
quello che ho con il vostro Paese. Mi aspetto molto
dall'Italia".
Yesser Arafat sbarca a Roma e riempie di apprezzamenti e
manifestazioni d'affetto il Bel Paese, ma corre subito in
Vaticano. L'incontro con il Papa e con i cardinali Tauran e
Sodano è l'obiettivo principale della sua visita. E sembra che
tanta aspettativa sia stata corrisposta. Fonti palestinesi
infatti affermano che il papa avrebbe detto al leader palestinese
che al Giubileo del 2000 non si può giungere con la questione di
Gerusalemme irrisolta e con Betlemme stretta in un cerchio
soffocante come oggi.
La Palestina, avrebbe detto il Papa, deve trovare una soluzione
stabile e duratura prima del 2000. L'affetto di cui il Papa
avrebbe ricoperto Arafat, secondo i palestinesi, deve esserci in
effetti stato, se Arafat, prima di recarsi da Prodi e Dini per i
colloqui ufficiali con le autorità di governo, ci ha detto con
gli occhi scintillanti; "ho invitato Sua Santità a venire a
Betlemme a celebrare il Natale, il giubileo, i 2000 anni del
nostro Gesù Cristo. Il Santo Padre ha accettato l'invito e sono
sicuro che verrà.
Presidente Arafat, l'anno scorso però Betlemme era
ricca di addobbi, una prima volta scintillante per il Natale a
Betlemme senza occupazioni israeliana. Appena 365 giorni a
Betlemme non ha neanche i soldi per pagare le luminarie, per
illuminare un Natale che sembra proprio buio. Perché?
Per l'assedio, l'assedio israeliano che strangola le
nostre città. Questo assedio ci costa quotidianamente 11 miliardi
di lire, per un popolo che esce da quasi trent'anni di
occupazione è un prezzo enorme. E allora noi abbiamo deciso di
digiunare per trovare i soldi e consentire a Betlemme di avere,
di celebrare un Natale degno, decoroso".
In un recente dichiarazione gli Stati uniti dopo aver
chiesto a Israele di moderare la politica di colonizzazione della
Cisgiordania hanno chiesto anche a lei di accettare un'intesa con
Hebron con Netanyahu anche se non pienamente rispettosa degli
accordi già firmati. Come valuta il nuovo Clinton?
No guardi c'è una differenza, una profonda differenza
tra quanto ha detto il presidente Clinton e quanto ha detto il
Dipartimento di Stato americano. Clinton, e lo ringrazio, ha
ribadito la sua determinazione a procedere sulla via
dell'applicazione degli accordi di pace che per altro sono stati
firmati sotto i suoi occhi nel giardino della Casa Bianca. Il
presidente ha chiaramente confermato la sua fedeltà a quegli
accordi e di questo i palestinesi gli sono grati. Poi però,
abbiamo letto con sorpresa e stupore la dichiarazione del
Dipartimento di Stato (per bocca del segretario di stato uscente
Warren Christopher ndr) che confligge apertamente e
profondamente con la politica del Presidente Clinton".
Yesser Arafat non nomina la signora Albright ma il tono e il
senso delle sue parole appaiono evidenti; tra i palestinesi la
nuova responsabile della politica estera americana non corre buon
sangue, e negli ultimi passi della gestione Chrstopher Arafat
percepisce una preoccupante evoluzione politica.
Un'evoluzione che apre a Netanyahu, alle sue richieste di
modifica delle intese già firmate tra israeliani e palestinesi.
Così il leader palestinese, tradizionalmente assai cauto e
attento di non irritare gli americani, fa capire che i problemi
del Medio Oriente rischiano di aggravarsi poiché lui alla
Albright non potrebbe concedere nulla di più di quanto già
concesso ai suoi predecessori.