L'
ATTENZIONE
E' vero che il terzo settore rischia troppo spesso di essere la
perfetta stampella sia del capitale - ormai incapace di assorbire
forza lavoro - sia di uno stato che non vuole o non può più farsi
carico delle questioni sociali. La trappola in cui il terzo
settore rischia di cadere è quindi quella di essere perfettamente
funzionale alla logica di sopravvivenza di una forma
dell'economia e di una forma dello stato ormai esauste, dei cui
mali diviene spesso rimedio.
Che cosa permette a questa efficacia di non farsi strumento di
logiche diverse? Solo una fine riflessione politica che nomini il
senso profondo che muove donne e uomini - più donne che uomini -
ad attivarsi per una diversa economia e un diverso modo di stare
ai rapporti umani. Solo attraverso l'impegno a pensare e a
mettere in parola la grande ricchezza di pratiche e di esperienze
che il terzo settore ha acquisito negli anni, è possibile stare
all'altezza della scommessa di fare di una grande crisi una
grande occasione.
L'occasione che noi vediamo profilarsi consiste nell'investire di
un senso più grande il mercato e l'economia . Non si
tratta, ovviamente, di rafforzare l'onnivorismo del mercato; ma
di spostarne con scaltrezza il centro, mettendo al primo posto le
relazioni umane, e questo non può che dare al denaro il secondo
posto. "Tutto si può portare al mercato: amicizie, amori, onore,
fede, inclinazioni, tranquillità... Che orrore! dirà qualcuno. E'
un orrore davvero quando si tratta di un mercato piccolo, di
transazione modeste" si legge nel Sottosopra rosso della
Libreria delle donne di Milano. Mettere al primo posto le
relazioni è la grande invenzione politica del pensiero femminile:
tutto il terzo settore punta sulla centralità delle relazioni
(cooperare significa, appunto, operare assieme), ma solo il
sapere femminile ne ha fatto la sua pratica politica. In un
incontro con un'importante cooperativa dell'Emilia Romagna, terra
che ha visto la nascita e il forte sviluppo della cooperazione, è
emerso come per quegli uomini e quelle donne la scelta di fare
un'impresa non profit sia inessenziale poiché significherebbe
solo non ridistribuire gli utili tra i soci. Un'interpretazione
ancora misurata sul denaro.
E' un'economia che risponde sia ad un bisogno soggettivo che ad
un bisogno sociale, che tiene conto della materialità della vita
senza ridurla a merce, che sa fare dello scambio una risposta al
desiderio. Si tratta quindi per noi di dare al non profit il
senso di una pratica radicale, che significa stare alla radice.
Di che cosa? Del bisogno e del desiderio soggettivo che muovono
lo scambio, la pratica delle relazioni, la pratica politica: la
differenza femminile si mostra capace di stare alla radice,
capace di radicalità.
Un'interpretazione radicale del non profit, fondata sulla
competenza pratica-teorica che alcune donne dimostrano di avere
in un'economia di scambio grande, per noi è il lavoro politico
necessario a togliere il terzo settore dall'ambiguità e dal
rischio di strumentalizzazione che lo percorrono. Solo così può
diventare una scommessa: quella che può fare della fine del
patriarcato anche la fine del capitalismo. Molte donne non
sostengono più la logica di potere che struttura l'ordine
patriarcale, poiché ad essa contrappongono la pratica
dell'autorità femminile. E non sostengono più nemmeno la logica
di un profitto e di uno scambio misurati sul denaro che struttura
l'ordine economico capitalista. A quest'ordine oppongono la
scelta del non profit come pratica di un'economia simbolica.
I rischi non mancano
Economia desiderante
Potere e autorità