Imprese e desideri oltre il mercato

BASSO SILVIA

Imprese e desideri oltre il mercato

Al primo posto le relazioni umane. Dalla pratica politica delle donne il terzo settore può trovare risposte radicali

LUCIA BERTELL ANTONIA DE VITA SILVIA BASSO -

L' ATTENZIONE per il non profit è cresciuta notevolmente negli ultimi tempi, come dimostra anche il dibattito che il manifesto ha aperto sulle sue pagine; dibattito che tende a nostro avviso a delinearsi in una opposizione tra chi, da un lato, vede nel terzo settore una risposta efficace al problema dell'occupazione e allo smantellamento dello stato sociale (vedi ad esempio Marco Revelli) e chi, dall'altro, vede in questa soluzione di pubblico-"privato" un pericolo di stravolgimento del significato stesso di "sociale" (ci riferiamo in particolare alle posizioni di Alberto Burgio). Entrambe le posizioni hanno qualcosa di vero ma, secondo noi, non entrano in feconda relazione fra loro.

E' vero che il terzo settore rischia troppo spesso di essere la perfetta stampella sia del capitale - ormai incapace di assorbire forza lavoro - sia di uno stato che non vuole o non può più farsi carico delle questioni sociali. La trappola in cui il terzo settore rischia di cadere è quindi quella di essere perfettamente funzionale alla logica di sopravvivenza di una forma dell'economia e di una forma dello stato ormai esauste, dei cui mali diviene spesso rimedio.

I rischi non mancano

Ma è anche vero che avere la capacità di creare occupazione e di rispondere ai bisogni sociali non può che risultare un elemento fecondo per ognuno e ognuna di noi e per la collettività.

Che cosa permette a questa efficacia di non farsi strumento di logiche diverse? Solo una fine riflessione politica che nomini il senso profondo che muove donne e uomini - più donne che uomini - ad attivarsi per una diversa economia e un diverso modo di stare ai rapporti umani. Solo attraverso l'impegno a pensare e a mettere in parola la grande ricchezza di pratiche e di esperienze che il terzo settore ha acquisito negli anni, è possibile stare all'altezza della scommessa di fare di una grande crisi una grande occasione.

L'occasione che noi vediamo profilarsi consiste nell'investire di un senso più grande il mercato e l'economia . Non si tratta, ovviamente, di rafforzare l'onnivorismo del mercato; ma di spostarne con scaltrezza il centro, mettendo al primo posto le relazioni umane, e questo non può che dare al denaro il secondo posto. "Tutto si può portare al mercato: amicizie, amori, onore, fede, inclinazioni, tranquillità... Che orrore! dirà qualcuno. E' un orrore davvero quando si tratta di un mercato piccolo, di transazione modeste" si legge nel Sottosopra rosso della Libreria delle donne di Milano. Mettere al primo posto le relazioni è la grande invenzione politica del pensiero femminile: tutto il terzo settore punta sulla centralità delle relazioni (cooperare significa, appunto, operare assieme), ma solo il sapere femminile ne ha fatto la sua pratica politica. In un incontro con un'importante cooperativa dell'Emilia Romagna, terra che ha visto la nascita e il forte sviluppo della cooperazione, è emerso come per quegli uomini e quelle donne la scelta di fare un'impresa non profit sia inessenziale poiché significherebbe solo non ridistribuire gli utili tra i soci. Un'interpretazione ancora misurata sul denaro.

Economia desiderante

Per noi invece, che abbiamo scelto di lasciare chi il lavoro dipendente (statale), chi la libera professione, per creare un'impresa sociale, il non profit è l'occasione per dare un senso più grande al mercato e all'economia. Noi la chiamiamo economia del desiderio, perché mette nello scambio non quello che abbiamo ma quelle che siamo, perché ci permette di non lasciare fuori nulla di essenziale: il desiderio parte sempre da una mancanza vissuta in prima persona e dunque porta con sé una domanda che esige una risposta, esige uno scambio.

E' un'economia che risponde sia ad un bisogno soggettivo che ad un bisogno sociale, che tiene conto della materialità della vita senza ridurla a merce, che sa fare dello scambio una risposta al desiderio. Si tratta quindi per noi di dare al non profit il senso di una pratica radicale, che significa stare alla radice. Di che cosa? Del bisogno e del desiderio soggettivo che muovono lo scambio, la pratica delle relazioni, la pratica politica: la differenza femminile si mostra capace di stare alla radice, capace di radicalità.

Potere e autorità

Un'interpretazione radicale del non profit, fondata sulla competenza pratica-teorica che alcune donne dimostrano di avere in un'economia di scambio grande, per noi è il lavoro politico necessario a togliere il terzo settore dall'ambiguità e dal rischio di strumentalizzazione che lo percorrono. Solo così può diventare una scommessa: quella che può fare della fine del patriarcato anche la fine del capitalismo. Molte donne non sostengono più la logica di potere che struttura l'ordine patriarcale, poiché ad essa contrappongono la pratica dell'autorità femminile. E non sostengono più nemmeno la logica di un profitto e di uno scambio misurati sul denaro che struttura l'ordine economico capitalista. A quest'ordine oppongono la scelta del non profit come pratica di un'economia simbolica.

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