La mossa di Sary

PESCALI PIERGIORGIO

La mossa di Sary

PIERGIORGIO PESCALI -

M ENTRE ARRIVANO sul computer le ultime notizie inerenti alla defezione di Ieng Sary, ho sotto gli occhi l'ultima intervista che questi mi aveva concesso a Phum Thmei, il villaggio al confine con la Thailandia dove l'ex ministro degli esteri della Kampuchea democratica si era ritirato a vivere da diversi anni, restando ai margini della politica e della dirigenza ufficiale dei Khmer rossi.

Ieng Sary, assieme a Khieu Samphan, era rimasto l'unico uomo forte degli anni della Kampuchea democratica disposto a ricevere, sebbene di rado, giornalisti e fotografi accreditati presso l'ufficio stampa dei Khmer rossi. Nell'intervista si definiva "consulente economico e ambientale" precisando di limitarsi a dare suggerimenti ai suoi compagni quando questi glieli chiedevano. Se questa posizione era una scelta voluta o imposta da altri, non è stato mai ben chiarito, ma sembra ormai sicuro che sia da collegarsi anche con il nuovo riassetto della dirigenza dei Khmer rossi avvenuta dopo il secondo matrimonio di Pol Pot, matrimonio che ha posto termine alla parentela che univa i due politici (Pol Pot e Ieng Sary aveva sposato due sorelle). E' possibile che Sary sia da tempo una figura di secondo piano nella gerarchia dei Khmer rossi. Se Radio Phnom Penh e fonti governative han dato molto risalto alla defezione di Sary, presentandola come un segno inequivocabile di tensioni interne tra i Khmer rossi, i giornali e le agenzie di stampa indipendenti si mostrano più prudenti, ricordando i clamorosi bluff delle numerose morti annunciate di Pol Pot (un comunicato della direzione strategica dei Khmer rossi ha annunciato che Pol Pot è vivo).

Vero è che la resa di Ieng Sary rappresenta una provvidenziale valvola di sfogo per tutte le critiche di cui il governo di Phon Penh è oggetto, deviando per qualche tempo l'attenzione dei mass-media. Chi ne beneficia è Ranarridh Sihanouk e, ancor più, il suo collega e co-premier Hun Sen, lui stesso ex dirigente dei Khmer rossi che optò per la fuga in Viet Nam nel 1978 organizzando da laggiù l'invasione che il 7 gennaio 1979 pose termine al governo di Pol Pot e Ieng Sary, allora ministro degli esteri. E' proprio Hun Sen a sostenere la linea dura con i Khmer rossi fino ad un loro totale annientamento. La defezione di Ineg Sary gioca a suo favore perché esclude dalla scena un acerrimo nemico e dimostra alla popolazione e al parlamento che i Khmer rossi non sono invincibili.

Ma anche un'altra ipotesi è plausibile: che in realtà quella di Sary sia una sorta di "immolazione" di una vittima per rendere la dirigenza dei Khmer rossi più presentabile sul piano interno e internazionale.

Ieng Sary, anche se fosse vero che è oggi una figura di secondo piano nella nomenclatura dei Khmer rossi, rappresenta pur sempre uno dei bersagli più ambiti e ricercati da coloro che reclamano giustizia per il milione e passa di cambogiani uccisi durante i tre anni e mezzo di governo di Pol Pot. Consegnando uno dei maggiori responsabili della linea politica di sterminio intrapresa in quegli anni, i Khmer rossi potrebbero tentare di sopire, o per lo meno attenuare, le critiche a loro rivolte dimostrando al tempo stesso la loro volontà di dialogo per un armistizio che li ponga sul tavolo delle trattative al pari delle altre forze rappresentate nell'attuale governo cambogiano.

Questo drastico cambiamento di rotta può essere interpretato come un cedimento e può far pensare a difficoltà politico-militari dei Khmer rossi di fronte al governo filo-occidentale del paese. Thailandia e Cina popolare, tradizionali alleati militari e politici dei Khmer rossi, si sono ormai incanalate verso una politica di non interferenza con gli affari cambogiani, mentre Corea del nord e Myanmar stanno attraversando crisi economico-politiche drammatiche. E sebbene i Khmer dispongano ancora di notevoli risorse finanziarie depositate in banche di tutto il mondo, reperire armamenti sempre più sofisticati in grado di fronteggiare un esercito governativo armato dai paesi occidentali risulta sempre più problematico.

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