Carriera, sostantivo maschile. Alla Belleli

DI LUZIO GIULIO

Carriera, sostantivo maschile. Alla Belleli

Trentanove anni, da quattro in cassa integrazione, Maria Rosaria Cerasuolo ha fatto causa all'azienda di Taranto per discriminazione sessuale sul luogo di lavoro. La parola passa al giudice

- da Bari GIULIO DI LUZIO

D OVREBBE concludersi il prossimo 4 ottobre la vicenda processuale che vede opposta Maria Rosaria Cerasuolo - 39 anni, cassintegrata della Belleli da 4 - al famoso gruppo metalmeccanico leader nel campo dell'impiantistica off-shore, denunciato per discriminazione sessuale sul posto di lavoro. L'udienza di venerdì scorso infatti non ha portato ad alcun risultato in quanto la proposta di conciliazione, avanzata dal giudice, ha trovato opposizione da entrambe le parti.

E' una storia, quella di Maria Rosaria, che parte da lontano, dalla laurea a pieni voti e dalle "grandi difficoltà - racconta lei - che ho incontrato, dovendo superare le ostilità di colleghi e superiori che vedevano in me una possibile rivale". Una via crucis fatta di continue discriminazioni, sgambetti e porte chiuse in faccia per impedirle qualsiasi avanzamento di carriera, "mentre cadeva il mio morale e vedevo i miei colleghi maschi, tra cui ex operai di officina con licenza media, progredire sul lavoro e nella retribuzione in maniera quasi automatica". Così decide di rivolgersi alla magistratura e al sindacato per vedersi riconosciuti i legittimi livelli di inquadramento professionale, mai andati oltre il 5. Ma la risposta della Belleli non si fa attendere. "Nel '91, dopo aver chiesto di passare a un livello superiore, mi vennero tolte alcune mansioni, le più qualificanti, che furono assegnate a un collega di sesso maschile e con il 6 livello, lo stesso che avevo chiesto io". Ma l'impiegata di Taranto continua la sua lotta: "Feci ricorso appellandomi alla legge sulle parità uomo-donna, oltre che alle norme costituzionali sulla pari dignità dei cittadini".

Il clima di intimidazione a questo punto si fa più duro: Maria Rosaria diventa oggetto di una lunga serie di vessazioni psicologiche, una vera e propria sottile violenza morale. Nel giugno '92 viene trasferita nel giro di poche ore, e contro la sua volontà, al cantiere Porto, sede molto disagiata del gruppo Belleli, e lì, a novembre, posta in cassa integrazione. Non solo, ma in costanza di cassa integrazione, viene spostata dalla sede centrale di Taranto a un'azienda scorporata, la Belleli montaggi di Massafra, un paesino della provincia ionica. Inizia così a raccogliere le prime espressioni di solidarietà, dal coordinamento donne della Cgil, dal Cobas-Slai, dal collettivo Methis. Ma l'impiegata ha toccato equilibri consolidati, e così denuncia anche il comportamento di un delegato della Fiom-Cgil che "per ben 8 volte, convocato in pretura a testimoniare, non si è mai presentato, e quando l'ha fatto si è chiuso in una serie di non so, non ricordo". Anche per questo motivo Maria Rosaria ha restituito la tessera della Cgil.

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