Il sale della luce

MELANI MARCO

Il sale della luce

"Fu a casa di Gianni Amico che conobbi Gustavo, Paulo Cesar, Glauber..." Un saggio di Marco Melani, dalla presentazione del catalogo per la retrospettiva torinese su "Cinema Novo/Cinema Marginal" MARCO MELANI

MARCO MELANI -

I N BRASILE, tra il golpe militare del '64 e quello del '68 era nata la Embrafilme, che sovvenzionava i film d'autore: il problema di cui si dibatteva furiosamente era se continuare a realizzare opere come quelle degli anni precedenti, opere nazionali ma rivolte solo a una élite, brasiliana e occidentale (che avevano dato fama al Cinema Novo), se fare film d'avanguardia di serie b con piccoli budget (quelli che Glauber Rocha chiamava sarcasticamente "udigrudi"), oppure seguire la via aperta con Antonio das Mortes, di prodotti internazionali da competizione (con americani e/o europei) (...)

Vinse quest'ultima linea: purtroppo, a mio avviso. Ma intanto l'inasprirsi della dittatura militare cambiò molte carte in tavola. Alcuni cineasti trovarono proprio in Italia il domicilio per l'esilio e talvolta possibilità di lavoro. Una storia di affinità elettive che comincia nei primi anni '60, in Liguria, al Festival Latino Americano di Santa Margherita Ligure, diretto dal gesuita padre Arpa e dal giovane Gianni Amico. Fu proprio a casa dell'amico Gianni che, più di dieci anni dopo, conobbi Gustavo, Paulo Cesar, Glauber, David, Leon... e in quella casa, da loro, sentii parlare per la prima volta del manuale di guerriglia urbana di Marighella. Che Guevara, Cuba, la Tricontinentale... Il tema era la rivoluzione, la rivoluzione nell'America Latina. Del resto i cineasti cinenovisti ne avevano parlato fin dai loro inizi da quando si erano riconosciuti come gruppo. Basta citare Terra em trance , O desafio , e poi O bravo guerriero ...

Sono passati venti anni e al di là di ogni moda, ci sembra - da bravi "cinefili idioti" - più importante parlare di cinema. Chissà che avrebbe fatto Gluber Rocha dopo Di Cavalcanti e A Idade da terra, unici inimmaginabili capolavori "antropicalmitologici"? Altri film, viaggi, articoli, libri...? Altri testi sul che fare e chi essere? Altri interrogativi e altre ipotesi: profezie, tutte discusse e verificate - magari polemicamente - con gli amici più cari.

In Francia, ai tempi della Nouvelle Vague, si scriveva, si criticava, si teorizzava sulla settima arte, tanto che, appunto, "dopo il cinema non è più stato lo stesso". Nelle sale del venerato Langlois, il Padre (oggi sarebbe un nonno, come dice Bernardo Bertolucci di Rossellini, suo coetaneo), si riscoprivano i classici del passato e sulle pagine dei Cahiers du cinema si elaborava la cultura cinematografica. I brasiliani seguivano e cercavano di tenersi aggiornati sulle scoperte e il dibattito d'oltreatlantico. Ma per loro, dall'altra parte dell'oceano (il Brasile è lontano: ancora oggi) non era facile nemmeno vedere i film. Limite era mitico, raro, forse perduto (come il nostro Sperduti nel buio) - si favoleggiava che una volta Orson Welles avesse assistito a una prolezione. E la prima volta che cineasti come Saraceni o Gustavo Dahl videro la retrospettiva completa di Humerto Mauro fu al festival di Santa Margherita Ligure, in Italia. Dato che lo stato dell'informazione era questo i cineasti e i cinefili brasiliani potevano fare solo una cosa: immaginare, proiettare, "profetizzare".

Perciò uno dei tratti originali del Cinema Novo e del Cinema Marginale, suo epigono postsessantottesco, è il continuo, incessante interrogarsi sul futuro: con articoli, dibattiti, discussioni continue e appassionate, e - naturalmente - facendo film. I film erano, si potrebbe dire, "il sale della luce" (!), ma anche "il sale della terra". Perché i brasiliani chiamano il loro grande paese proprio "a terra". Perché la terra arida e assolata - il Nordeste, il sertao - è protagonista di alcune opere fondamentali (come Dieus e o Diablo, Vidas secas, e persino Tropici di Gianni Amico, brasiliano d'elezione). Perché la luce del cinema brasiliano è la più "sparata" e abbagliante, il bianco e nero più "sfondato" che si sia mai visto su uno schermo. Da questa luce e da questa terra è nato il Cinema Novo. I film del Cinema Novo. Il movimento nella sua totalità, invece, ha avuto una levatrice in più (che ai nouvellevaguisti cartesiani mancava): la passione. La passione per il cinema - ovviamente - che diventava passione per la vita: per il Brasile, la rivoluzione, le donne e i figli, la musica (un file da non aprire qui, quello sul samba: è un altro libro), l'America Latina. Passione per la realtà e per il mito. Infine, la passione per il futuro.

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