Io, la voce e il sorriso di una comunità

LORRAI MARCELLO

Io, la voce e il sorriso di una comunità

MARCELLO LORRAI - MILANO

P ALATRUSSARDI, più o meno ventuno e trenta, si spengono le luci: "Ventuno e trenta/ è tutto pronto/ e je ca tremmo ggià/ ma comm'è bella / chesta paura/ prime d'accummencià (...) ragazzine con il cuore allo sbando, se rispecchiano int'e storie ca je canto". Avvolto da una bordata di fumo artificiale, Nino D'Angelo rompe il ghiaccio con una meta-canzone che parla di lui e del suo pubblico all'inizio del concerto, piccola meditazione autobiografica sulla vita che passa, presa dal suo ultimo album 'A neve e 'o sole . Parole semplici, melodie spiegate, una grana vocale che lascia il segno, sincerità e slancio, sorrisi e qualche goffaggine che fa simpatia: commovente, come in molti altri momenti di due ore di esibizione. E avanti fra un "vi amo!" e un "viva l'amore!" gettati senza risparmio: il pubblico per parte sua ricambia con stentorei "sei grande!" che si abbattono anche sui momenti più delicati. Fino all'apoteosi finale, quando qualcuno butta sul palco una sciarpa della squadra del cuore, D'Angelo se la mette intorno al collo e tutti cominciano a saltare e cantare scandendo "Napoli! Napoli!".

Di ragazzine "che non credono ormai più a Pinocchio" sotto al palco ce ne sono tante, assieme con i loro coetanei maschi in giubbotto nero e berretto a visiera. Ma questo non è uno spettacolo per un target giovanile: adolescenti, coppie sposate con neonati in carrozzina, bambini assonnati, gruppi familiari rappresentati da almeno tre generazioni si mescolano in un clima allegro e disteso. L'amplificazione fa i capricci con micidiali larsen, ma nessuno si scompone. Questo è lo spettacolo di uno spicchio di comunità immigrata: non molto diverso da un concerto di Cheb Mami a Parigi o Marsiglia.

"Negli anni Ottanta - ricorda Nino D'Angelo - nessuno dei giornalisti si prendeva la briga di andare a vedere perché tutte 'ste ragazzine strillavano: loro si sono interessati solo del mio caschetto biondo, dello scugnizzo, del ragazzo che girava filmetti acqua e sapone. Mi chiedevano: perché ti sei fatto i capelli gialli? Nun m'hanno mai fatto parla', nun m'hanno mai considerato. Io facevo un disco, lo portavo al giornalista, questo guardava se avevo ancora il caschetto e non lo ascoltava nemmeno, e poi scriveva. Quando io sono uscito con Un jeans e na maglietta , a Napoli si cantava la malavita, e nell'era cutoliana, quando i ragazzi si sentivano eroi mettendosi i giubbini, io che potevo parlare al vicolo ho avuto il coraggio di ricominciare a cantare i sentimenti. E quelli, che non sanno niente di vicoli e di periferie, che conoscono solo piazza Plebiscito, non hanno capito niente. Ma Napoli non è piazza Plebiscito, Napoli è una metropoli che comincia da Casoria e finisce a Castellammare, dove la delinquenza cresce perché lo Stato non è mai esistito. Adesso si scopre che c'è la mafia e la camorra: noi lo sapevamo bene, ma dovevamo stare zitti".

Ma come era arrivato a "Un jeans e na maglietta"?

Dopo "'O scippo " ad un certo punto io non volevo canta' chiù, perché ero diventato talmente popolare nelle canzoni di malavita che me sentivo quasi nu delinquente. Io rifiutavo questa etichetta di cantante della mala, della sceneggiata. Mi hanno sempre definito come il cantante della sceneggiata per averne fatte due o tre: ma allora quando facevi un pezzo di successo te la facevano fare, era quasi imposto dal mercato...

Adesso però Nino D'Angelo è portato in palmo di mano da molti...

E' bastato che Goffredo Fofi parlasse cinque minuti e ha rivoluzionato tutto: io per esempio non sapevo che Goffredo mi stimava così tanto e da tempo. Adesso si fa viva gente che non si era mai interessata di me, mi trovano originale, dicono che faccio delle belle cose; però non mi va che dicano che oggi faccio delle belle cose, perché io penso che delle belle cose le facevo anche prima. Il fatto è che io sono stato abbastanza maltrattato da tutti, anche nell'ambiente della musica, all'inizio; nei miei confronti c'è stato un fenomeno di razzismo musicale. C'era chi teneva in macchina e mie cassette, ma le nascondeva perché si vergognava. E poi a me su una radio, se non è una radio che programmi napoletani nun me senti mai: e questo non è razzismo? Non voglio fare del vittimismo, anche perché ho visto tanti che mi consideravano un negro che sono finiti in niente, però nel mondo della musica sono sempre stato un po' il negro.

Parliamo di sentimenti...

Oggi se non sei separato sei fuori moda, ma ti rendi conto? Io ho difeso il matrimonio, credo nella famiglia, è una cosa sbagliata? Vado da Costanzo e dico che per me i figli sono fondamentali. E lui: ecco, i soliti napoletani, i figli so' piezze 'e core. Ma per me i figli sono fondamentali davvero. Io non appartengo alla macchina dello spettacolo, io songh'io, e basta.

A proposito: Nino D'Angelo in tivù non lo si vede spesso...

Ma è possibile che uno per avere successo debba andare per forza in televisione? Ch se non è Costanzo, o Arbore, o Pippo Baudo che dice che tu sei bravo non conti niente? ...

Come si spiega l'inflazione di giovani cantanti a Napoli?

Siccome io ero un ragazzo di vicolo, e hanno visto che ce l'ho fatta, hanno pensato che ce la potevano fare tutti. E allora è venuto fuori un casino, il salumiere si è messo a cantare, non parliamo dei disoccupati. Ma di artisti veri ce ne sono pochi. Del resto a Napoli il lavoro manca talmente che se facessero un concorso per un posto da astronauta si presenterebbero a migliaia.

Come vede Napoli in questo momento?

Con la famiglia vivo a Roma, abitavo a Casoria ma sono andato via per problemi che ho avuto a Napoli. Non faccio l'emigrante, sono più mia moglie e i miei figli che sono emigranti. Io passo a Napoli quindici giorni al mese, perché ho bisogno di stare a Napoli, Napoli è tutto per me. Però ho fatto caso che tanti artisti alla fine sono dovuti andare via da Napoli, anche Pino Daniele non ci vive, perché c'è troppa pressione se si è personaggi. Ma la città sta cambiando, nella gente c'è una speranza. Gli scettici dicono che Bassolino è stato fortunato, dicono che è arrivato al posto giusto al momento giusto, però per me è una persona seria. Il problema più grave di Napoli non sono le piazze e le fontane, è la disoccupazione. Certo è un problema che non è Bassolino che può risolverlo, ma se riuscisse anche solo a far scendere il tasso di disoccupazione, convincerebbe anche gli scettici. Perché se tieni sei-sette figli e non lavori, cosa fai? C'è gente che mi ferma per strada: grazie, hai fatto una bella cassetta! Perché i falsari vendono le mie cassette, e mi ringraziano, e fanno cento-duecento-trecentomila cassette false. Oltre a tutto io sono il produttore di me stesso! Cioè, io do da mangiare ai napoletani, e lo stato mi chiede di pagare le tasse. Ma mi dico: la gente deve pur campare, vivere. Perché anch'io sono stato un ragazzo di strada.

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