L'Ulivo è tossico?

ZUFFA GRAZIA

L'Ulivo è tossico?

Sulle droghe il programma di Prodi è reticente: parla di "prevenzione" ma glissa sulla riduzione del danno

- GRAZIA ZUFFA *

I L PROGRAMMA dell'Ulivo sulle droghe è limitato e generico, o per meglio dire reticente. Ma è possibile una proposta convincente in tema di politiche sociali, di giustizia, di carcere eludendo la questione? Penso di no. E' vero che si nomina la prevenzione, il recupero e la riduzione del danno: con anche un opportuno riferimento alla necessità di una legge sui criteri per la progettazione e la verifica degli interventi. Tuttavia non è chiaro il ruolo, la centralità e il contenuto della riduzione del danno. La questione non è di poco conto: basti pensare che la camera ha da poco approvato (col voto anche di larga parte dei progressisti) un emendamento al decreto sul fondo anti-droga, che esclude dai programmi di riduzione del danno la sperimentazione di somministrazione controllata di eroina e perfino limita l'uso di sostanze sostitutive. E mette al bando, senza tema del ridicolo, anche la cannabis, che ovviamente in quei programmi non è mai rientrata. Il che però la dice lunga su come la schermaglia ideologica prevalga ancora sull'interesse a tutelare i tossicodipendenti.

Suggerirei perciò alla coalizione dell'Ulivo di rifarsi almeno a quanto già enunciato nella relazione al parlamento dell'ex ministro Contri, sulla scia delle conclusioni della Conferenza sulla droga di Palermo del '93 (e di recente ribadito dal parlamento europeo): occorre promuovere una cultura che non miri esclusivamente alla eliminazione delle droghe, bensì alla gestione del problema droga, garantendo a tutti i consumatori, indipendentemente dalla loro volontà di smettere di drogarsi, il diritto alla salute, impedendo che muoiano, che contraggano gravi malattie, che si infettino col virus Hiv. Alla priorità politica della condanna "morale" del comportamento di assunzione, va sostituita la tutela socio-sanitaria del consumatore, a partire dalle sue concrete esigenze. Riduzione del danno come priorità , dunque, detto a chiare lettere.

E non ha senso parlare di prevenzione come se fosse una strategia parallela o peggio contrapposta alla riduzione del danno. Quest'ultima è la strategia preventiva per eccellenza rispetto alla salute, e del consumatore, e della popolazione in generale. Se poi per prevenzione si intendono interventi rivolti a chi consumatore non è, specie i giovani, è bene dire una volta per tutte che questi rischiano di tradursi in puri proclami ideologici. Meglio sarebbe invece concentrare gli sforzi su politiche sociali di contrasto alla marginalità, di cui la tossicodipendenza non è che uno dei tanti sintomi. E puntare con più forza sulle politiche giovanili: che negli ultimi anni sono scomparse, o quasi, dall'iniziativa dei governi e degli enti locali.

Ma il punto più controverso del programma del centro-sinistra è l'assoluto silenzio su possibili modifiche della legge antidroga, iniziando dalla legalizzazione delle droghe leggere. Come giustamente osserva Cancrini (l'Unità, 19 dicembre), questa è la scelta verso cui stanno andando, più o meno lentamente, tutti i paesi europei. E il semestre di presidenza spagnola dell'Unione europea si chiude proponendo di sperimentare la "scelta della tolleranza" olandese. Senza contare che è già in discussione alla camera una proposta in tal senso, firmata da ben 160 deputati. Sappiamo bene che esistono sensibilità diverse nella coalizione, e che esponenti dei popolari, Rosy Bindi in testa, non perdono occasione per rinnovare, a proposito e a sproposito, la loro fedeltà allo spirito (e alla lettera) dell'attuale legge proibizionista "a tutto campo". Ma, se si evita pregiudizialmente il confronto di merito, il programma rischia di ridursi ad un misero "minimo comun denominatore": ovvero poche e malcerte idee, in cui più nessuno rischia di riconoscersi. Specie gli elettori.

Per di più la legalizzazione delle droghe leggere investe anche la questione giustizia: rappresenta infatti un passo significativo in direzione del diritto penale minimo, riducendo l'area dell'illegalità legata alle droghe.

Gli ultimi dati ufficiali riconfermano la drammaticità della "questione penale" collegata alla legge Jervolino-Vassalli: sul totale degli ingressi in carcere, nell'ultimo semestre del '94, i reati di spaccio e piccolo spaccio incidono per il 35; e ben oltre il 50 fra i detenuti sono tossicodipendenti. In pratica buona parte del sovraccarico dei tribunali è imputabile alla legge attuale. E l'emergenza carcere coincide con la questione droghe.

Anche su questo la proposta dell'Ulivo tace. Limitandosi a proporre misure "a valle" di razionalizzazione del danno del carcere, come quella dei circuiti speciali per tossicodipendenti e malati di Aids; senza affrontare il danno "a monte" della normativa, con i suoi evidenti effetti criminogeni.

Alla coalizione dell'Ulivo un consiglio (interessato): mai come in questo caso il silenzio non è d'oro.

* presidente dell'associazione Forum droghe

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