W ILLIAMS E' UN POETA, anzi, lo era. Ora passa le giornate a camminare su e giù per le montagne, con un compagno inseparabile: il bazooka. Ha un incarico importante, fa parte della scorta personale del comandante dei ribelli Nuba, Yussif Kuwa.
Williams è giovane, ha 28 anni, ma ha già perso ogni speranza in un cambiamento pacifico nel Sudan: "Quando andavo a scuola venivo emarginato, messo da parte, e non solo dai miei compagni, ma anche dai professori. Ce l'avevano con me perché sono africano, nero. Mi dicevano che io avrei dovuto diventare come loro, arabo, ma non è possibile. La mia cultura è diversa dalla loro, come il colore della mia pelle. Dopo anni di umiliazioni ho deciso di combattere contro questa cultura, imposta dal regime di Karthoum, e sono entrato nella guerriglia".
Il conflitto in Sudan non è solo religioso, ma anche etnico. La divisione fra nord e sud non oppone solo musulmani da una parte e cristiani ed animisti dall'altra. Il conflitto è anche fra arabi ed africani, etnie, culture, oltre che religioni diverse. E' quanto dimostra la situazione dei monti Nuba, incastrati nel cuore del Sudan.
L'ultimo censimento su questa regione è del 1956, allora ospitava circa mezzo milione di persone. Oggi i Nuba sarebbero un milione e 300 mila, di cui circa 200 mila vivono nelle zone controllate dai ribelli dell'Spla (l'Armata popolare di liberazione del Sudan). Il governo di Karthoum è fortemente impegnato nella eliminazione di questa popolazione e della sua cultura, le cui radici vanno indietro nei secoli. Si tratta di un vero e proprio genocidio.
I Nuba hanno un difetto imperdonabile agli occhi del governo: sono africani, neri. Danze, tradizioni e stili di vita di questa gente sono infatti quelli tipici dell'Africa nera, anche se la religione che professano in maggioranza, l'islam, è la stessa che il regime vuole propagare. "Quando ero giovane a scuola mi insegnavano che ero un arabo. Ed io ci credevo, tanto che se qualcuno mi dava dell'africano mi arrabbiavo. Poi ho capito che non era così, non potevo negare le mie radici culturali, etniche, ed oggi combatto contro chi vuole arabizzare il mio popolo". Yussif Kuwa, comandante dei ribelli Nuba, ha una storia simile a quella di molti suoi soldati, anche in famiglia: "Noi siamo per la tolleranza religiosa, combattiamo perché nel nostro paese possano convivere religioni diverse. Io sono musulmano, mentre una delle mie due moglie è cristiana. I miei figli faranno quello che vogliono. Questa secondo me è la volontà di Dio, altrimenti perché ci sarebbero tante religioni?".
I Nuba hanno sempre vissuto in uno stato di isolamento. Sono la prima popolazione africana, nera, che si incontra scendendo dal nord del Sudan, dove vivono in prevalenza arabi. E sono sempre stati considerati inferiori, spesso ridotti al rango di schiavi.
Ma nella guerra che negli ultimi 12 anni ha sconvolto la vita del Sudan, dividendo il nord dal sud, i Nuba non hanno avuto dubbi e si sono schierati con i ribelli del sud, contro il governo. E di tanto in tanto il silenzio di queste valli viene rotto dal rombo degli "Antonov" governativi che vengono a bombardare i villaggi, dispersi intorno ai campi di mais.
E' una guerra tutta africana quella che si combatte su queste montagne. Gli scontri sono concentrati nei primi mesi dell'anno, durante la stagione secca, poi si ferma tutto. Le piogge e il fango impediscono gli spostamenti, e le armi tacciono. E' un conflitto giocato sui tempi lunghi, che vincerà chi riuscirà per primo a ridurre l'avversario alla fame.
Lo sa bene Yussif Kuwa, il comandante dei ribelli Nuba: "Nel '90 migliaia di persone sono morte per fame in sud Sudan, e anche qui da noi. Noi chiedemmo l'intervento dell'Onu, ma senza ottenere alcun aiuto". Sì perché tra le tante particolarità dei Nuba c'è anche questa: qui l'Onu non interviene. Il governo ha posto il veto e quindi le Nazioni unite non prestano alcun tipo di assistenza umanitaria in quest'area, pur essendo presenti in varie zone del sud Sudan. "Ma l'Onu lavora per chi ha bisogno o solo per quelli che il governo di Karthoum vuole aiutare?". E' il comandante, Kuwa, a porre la domanda. Ma il suo interrogativo non ha ancora avuto risposte.