Un'alternativa allo Stato Azienda

RINALDI ROSA

OPINIONI

Un'alternativa allo Stato Azienda

ROSA RINALDI *

V ORREI partire da una frase dell'articolo di Giorgio Cremaschi, "Sinistra Dimezzata", pubblicato sul Manifesto il 18 luglio: "... di fronte a questa evoluzione si incontrano nella sinistra sempre più persone confuse e sconcertate e tuttavia l'area di chi si sente così non costituisce certo di per sé una soggettività politica".

Anch'io sono una di quelle persone sconcertate e, aggiungo, molto preoccupata delle involuzioni ulteriori che potranno esserci sul piano contrattuale e sociale. E' infatti mia convinzione che la questione pensioni, per come si è conclusa alla Camera, sia in rotta di collisione con il movimento d'autunno, a partire dalla dipendenza - che si sancisce, attraverso la "norma di salvaguardia" - dei rendimenti dalle manovre di bilancio. A me è chiaro quale sia il progetto sociale di questo governo e delle forze che lo sostengono, compreso il Pds. Credo infatti che il modello assicurativo e il sistema delle polizze verranno proposti anche per sanità, scuola e servizi. La strada che ci viene proposta mi pare sia quella della riduzione a uno stato sociale minimo e di un'espansione massima di risposte individuali, o per categorie forti, fornite dal privato. Del resto sia il centro destra che il centro sinistra propongono la privatizzazione della scuola. L'unica differenza, semmai, è sul come. Ecco compiersi il progetto degli anni '80: lo Stato si fa Azienda, l'Azienda Italia sta nascendo. La profezia si avvera.

Avverto, quindi, dalla vicenda delle pensioni, questo carico drammatico di conseguenze, che trascinerà con sé il mutamento radicale della natura del lavoro e degli stessi contratti collettivi. Infatti, se il lavoro non si baserà più su forme di tutela, di garanzia delle condizioni di lavoro, sulla solidarietà come previdenza e sanità pubblica, qual è la ragione per cui una lavoratrice, un lavoratore, dovrebbero opporsi alla "flessibilizzazione" del proprio rapporto di lavoro? Se si continua così non ce la faremo, temo, ad opporci agli ulteriori peggioramenti, già previsti, sul mercato del lavoro. Temo che il ricatto padronale sarà sempre più forte sui ritmi di produzione, a scapito della sicurezza. Lo dimostra l'aumento terribile degli incidenti sul lavoro.

Manca un progetto

S

ONO troppo pessimista? E' uno scenario non realista? Ma se fosse anche solo un po' vero, che facciamo? C'è bisogno di mettersi "di traverso" con un progetto politico alternativo, un progetto che muova dalla realtà sociale che rappresentiamo, che restituisca protagonismo, identità e speranza. Oserei dire: un progetto di classe. Per me il ritorno della politica è questo: progetto, analisi di fase, capacità di tracciare percorsi; una politica, insomma, che riapra la dialettica trasparente tra progetti che si sostituiscano ad una tecnica non "neutra", asservita alle mere logiche di compatibilità del mercato.

Capita, talvolta, che mi si accusi di ideologismo. Non so rispondere. Vedo però, nelle poche cose che ho scritto, e in quanto indicato da Cremaschi, la materialità di un processo che se non viene bloccato può avere conseguenze nefaste per le lavoratrici e i lavoratori, i giovani e gli anziani che vedranno le loro condizioni di vita ridotte a mero residuo delle compatibilità di bilancio dell'Azienda Italia.

L'autunno per il sindacato è carico di aspettative e diffidenze da parte dei lavoratori. Il secondo biennio contrattuale ci vedrà impegnati a chiedere il recupero integrale del differenziale tra inflazione programmata e reale? Oppure, invece, saremo impegnati in estenuanti trattative per verificare se "l'indotto stia nei tetti o no"? Apriremo i rinnovi contrattuali del secondo biennio, oppure la Banca d'Italia e i mercati internazionali ci convinceranno della necessità di moderare ulteriormente i salari (del resto il ministro Frattini già lo dice per il pubblico impiego)? L'obiettivo di un meccanismo automatico di recupero dell'inflazione farà parte della nuova stagione contrattuale, o no?

Queste sono solo alcune delle questioni che la Cgil dovrà affrontare nell'assemblea dei delegati di fine settembre. E poi c'è il congresso della Cgil. Come lo riaffrontiamo? Non c'è forse per tutti la necessità di ridefinire contenuti e regole? Il "che fare" si impone a tutti noi, per questo è necessario dare voce e nominare lo sconcerto, la confusione e le preoccupazioni. Significa aprire una pagina nuova in Cgil, riconoscersi in progetti alternativi a quelli che già conosciamo. Aderisco perciò all'invito di Cremaschi "a farsi sentire, a riunirsi, a provare a far saltare giochi preconfezionati". Penso che, come me, molte compagne e compagni della Cgil sentano il bisogno di provarci.

* segretaria nazionale della Funzione pubblica Cgil

Il dibattito sulla "sinistra dimezzata", aperto da Giorgio Cremaschi, riprenderà a settembre.


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