Il senato cambi le pensioni

GUERRA MAURO

Il senato cambi le pensioni

MAURO GUERRA *

A LL'INIZIO della discussione parlamentare sulle pensioni noi comunisti unitari avevamo detto di sentire su di noi una responsabilità molto più grande delle poche forze parlamentari di cui disponevamo. Sentivamo e sentiamo la responsabilità politica, sociale e democratica, di rappresentare e dare voce dentro il parlamento a milioni di lavoratori e pensionati, che hanno preso la parola nel movimento dell'autunno e poi nella consultazione sindacale. Hanno preso la parola con un sì sofferto e critico prevalente e con una forte affermazione di no all'accordo sindacale.

Quella mobilitazione e quella consultazione, quei sì e quei no, veniva e vengono dalla parte migliore di questo paese, quella che ne ha costruito e costruisce, con il proprio lavoro, la ricchezza vera. Hanno invece prevalso i calcoli di parte, i giochi politici generali, la miopia di una prospettiva di governo che se non sa dialogare con quella parte del paese, minaccia di produrre una rottura democratica grave.

Il governo si è opposto duramente ad ogni miglioramento da sinistra mentre ha assecondato le pressioni rigoriste e punitive di Forza italia, che ha cercato di forzare sui rendimenti, oltre ad avere fatto da lobby alle compagnie di assicurazioni. Una responsabilità grande l'hanno anche le forze del centro democratico che non hanno saputo coniugare l'esigenza del risanamento dei conti pubblici con quella almeno di alcuni interventi di equità, di giustizia, di riconoscimento del valore del lavoro e del diritto a un'anzianità protetta, socialmente giusta.

Uno scenario preoccupante ed amaro per l'oggi e per il futuro, però, lo offre la sinistra, le forze progressiste. Al di là dei diversi giudizi, nella riforma non si sono saputi trovare i modi, soprattutto la volontà politica, di impegnare una battaglia comune almeno su alcune modifiche che interessano tutti e, soprattutto i lavoratori. La rottura tra chi, stretto tra l'ostruzionismo e una trattativa aperta solo con la destra, ha scelto di rinunciare a miglioramenti e chi, con l'ostruzionismo, ha scelto di testimoniare una volontà di un'altra riforma che non esisteva nella realtà, ha fatto mancare una battaglia vera, di merito, capace di raccordarsi con una possibile mobilitazione sociale che poteva e può crescere solo in presenza di obiettivi possibili.

Il risultato è ora davanti a noi: un peggioramento dello stesso testo iniziale, un'afasia e una rottura a sinistra, la solitudine del lavoro operaio, dei settori più deboli, della critica che da lì viene.

L'ostruzionismo non aveva sbocchi, non contrastava il ricorso alla fiducia o la trattativa al peggioramento, anzi forniva alibi. Soprattutto non apriva un vero fronte d'iniziativa e trattativa a sinistra. E' grave che non lo si sia compreso.

La fiducia, l'impedimento del confronto parlamentare, però, è stata ricercata e voluta al di là dello stesso ostruzionismo. Sicuramente essa non aveva più ragioni dopo la presentazione di un centinaio di sub emendamenti. Le trattative, però, erano già compiute e in esse i progressisti avevano rinunciato alle proprie ragioni emendative. Troppo tardi si è tentata una battaglia di merito.

La legge passa al senato. Lavoriamo perché la sinistra, pur mantenendo i suoi diversi giudizi di fondo, trovi la forza per concentrare in quel passaggio almeno un'iniziativa su poche qualificate questioni: garanzia dei rendimenti, anzianità per la fasce di maggior sofferenza, settori più deboli del lavoro, donne, precari, per conseguire risultati concreti, eliminare i peggioramenti introdotti senza lasciare più alibi né di rinuncia né di ostruzionismo. Un'iniziativa forte e responsabile. Con essa, se si recuperasse almeno ora una qualche volontà politica convergente, potrebbe trovare finalmente rapporto, possibilità di ripresa, fuori dall'isolamento, anche la critica e la mobilitazione dei lavoratori. Il futuro della sinistra è legato anche a questo.

*deputato dei "comunisti per l'unità"


Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it