ERTO CHE MI RICORDO Gerusalemme. Era una città dove chiunque arrivando poteva capirne l'unicità. Da quasi tutti i punti si notava come questa città fosse stata costruita in una posizione unica e irriproducibile. A sud-ovest infatti confina con l'inizio della flora mediterranea, dove erano ampie coltivazioni, a nord-est invece ecco il deserto, la ripida e non lunga discesa verso la depressione del Mar Morto. Gerusalemme era dunque la città dove si passava dal Mediterraneo al deserto, ai luoghi di meditazione dei profeti che erano raggiungibili dai cittadini del nostro secolo ma conservati in un ambiente assai simile a quello di migliaia di anni fa. E chi voleva capire, poteva sentire il senso di Gerusalemme, il punto d'incontro unico tra due dimensioni che questa città costituiva. Ora chi arriva a Gerusalemme se ne accorge solo perché trova un semaforo sulla sua strada". Meron Benvenisti, uno dei massimi esperti e studiosi di Gerusalemme, consigliere comunale laburista, si iscrive al partito dei pessimisti.I campi di French Hill
"Certo che mi ricordo Gerusalemme: -anche Sari Nusseibeh, esponente di punto dell'intelligentija araba, figlio di una delle principali famiglie della città, ha buona memoria e gli occhi tristi.- Lei conosce French Hill? E' quella collina appena fuori dalla città vecchia. Ce la trovavamo davanti rientrando da Ramallah o da Nablus, era l'ultima collina prima di arrivare a Gerusalemme. La strada la scavalcava lentamente, e quanto si era in cima, in mezzo a quei campi di grano sovente mossi dal vento, Gerusalemme appariva come un miracolo e uno quasi pensava: "ecco perché Dio l'ha scelta". Oggi French Hill è un quartiere ebraico costruito nel versante arabo della città, con migliaia di villini a schiera che coprono integralmente la collina dalle pendici alla cima, con tanto di albergo e supermercato, ma senza verde sia pubblico sia privato. Non è l'ultimo scempio, sa, ma è un buon punto di partenza per capire quanto questa città sia stata snaturata".
Benvenisti invece preferisce partire da Ma'ale Adumim. "La vecchia strada che portava a Gerico ci faceva dimenticare lentamente e progressivamente il Mediterraneo, uscendo da Gerusalemme si raggiungevano i villaggi sempre più piccoli di Betania e di Abu Diss, quindi la sabbia sembrava avere il sopravvento e cominciava il deserto, varcato da questa strada che ci conduceva in luoghi eterni, come la caverna dove si ritirava in riflessione il profeta Geremia. Oggi su quella caverna è stato costruito un insediamento colonico israeliano, accanto a quella caverna passano strade, svincoli, intorno a quella caverna si accavallano villini a schiera, tutti orribilmente funzionali e moderni, con tetti rossi. Non è l'unico colpo dato al versante desertico di Gerusalemme. Dopo Abu Diss, quando il deserto prevale e comincia la ripida depressione che porta al Mar Morto, hanno costruito Ma'ale Adumim. Trentamila abitanti. Una lingua di asfalto e cemento che ci insegue come un incubo ossessionante dalla cima della più alta collina del deserto per oltre un chilometro. E intorno, ha visto quanti raccordi stradali, lingue nere che squarciano il deserto, visibili da ogni dove".Annessione strisciante
"Sono sicuro - aggiunge Sari Nusseibeh - che lo strazio di Ma'ale Adumim non è finito. L'hanno messa lì per segnare il possesso israeliano su tutta l'area urbana di Gerusalemme, quindi incluse Betania e Abu Diss. E' il confine israeliano della Gerusalemme verso nord-ovest, quindi dovrà servire come punto di raccordo per concludere l'accerchiamento di tutto il versante arabo della città. Cosa di più facile che prevedere che di lì si muoverà un raccordo autostradale che cingerà tutto il resto del versante occidentale della città; intorno a questo raccordo stradale costruiranno altre case, giù nella valle, fino ad arrivare all'altro versante, quello a sud, legando in una lingua di asfalto e cemento gli insediamenti di Ma'ale Adumim con quelli che hanno costruito tra Gerusalemme e Betlemme. Lei lo sa che vogliono costruire un tunnel sotto il Monte degli Ulivi?".
"Il tunnel? Certo - dice Benvenisti - è un progetto già approvato. Lo vogliono costruire, ma non sotto il Monte degli Ulivi, sotto il Monte Scopus. Non credo che sia quella la cosa più grave. Le cose gravi sono già state fatte, la città è stata devastata, destrutturata; il suo valore è ormai perso irrimediabilmente e quasi completamente. Questa città è la più famosa vittima di un conflitto ideologico che non ha salvato luoghi di valore universale". "La malattia -continua Sari Nusseibeh - non assedia la cittadella, è penetrata anche dentro le mura. L'agonia non conosce confini. Noi, la nostra famiglia intendo dire, vivevamo nel cuore della città vecchia, in Via Dolorosa. Siccome abbiamo avuto l'incarico di custodi del Santo Sepolcro e delle sue chiavi, abbiamo sempre avuto amicizie cristiane. Così io ricordo che sebbene musulmano partecipavo alle feste cristiane, soprattutto al Natale. E Natale per me era una festa, l'aspettavo. Non lo festeggiavamo in casa nostra, andavo a casa di amici cristiani, e condividevo il loro pranzo di Natale. Non appartengo quindi in nessun modo e in nessun senso a chi vuole o vorrebbe imporre la sua egemonia su questa città. Per noi arabi Gerusalemme è parte della nostra identità tanto che senza Gerusalemme non vi sarebbe esistenza possibile; ma non perché Gerusalemme debba essere nostra e solo per noi. Ma deve rimanere Gerusalemme. E invece se lei guarda il quartiere ebraico della città vecchia vedrà, sentirà che quella parte di città è senza vita, senza storia viva. In parte ciò è dovuto alle distruzioni della guerra, ma in parte anche al modo in cui è stata ricostruita, ripulita, "sanitarizzata". Non ci sono cattivi odori, non ci sono case del e per il popolo. Io temo che questo sia parte di un disegno di lunga scadenza, il disegno della "sanitarizzazione" di tutta la città. Le botteghe artigiane si riducono di giorno in giorno, le condizioni di vita sono sempre più difficili e proibitive, economicamente intendo dire, ma anche culturalmente. Un tempo si diceva che le pietre di Gerusalemme parlano, ma, mi sembra, con voce sempre più debole".
"Il mistero di questa città, mi chiede. E' il mistero di una città costruita nella pietra e di pietra -aggiunge Benvenisti - che ha il suo capolavoro, il duomo di Omar, nell'unica costruzione che non è di pietra. Ma anche questo tratto del volto di Gerusalemme è stato sfigurato. Parlano della legge che obbliga a costruire solo con la pietra a Gerusalemme. Ma quella che si usa oggi non è pietra, è pasta industriale che viene spalmata come burro sulle facciate dei nuovi edifici. E' questo il modo di preservare il mistero di un volto affascinante? Costruire con la pietra non è spalmare con una pasta di pietra edifici analoghi a quelli che si trovano in qualsiasi città".Il parcheggio di Davide
Oggi chi passa sotto le mura di Gerusalemme vede le ruspe che abbattono vecchi edifici appena al di là del confine dell'antica cittadella. Forse la stessa abitazione che ospitò, all'inizio del secolo, Teodoro Hertzel, museo del sionismo fino a pochi anni fa.Oggi chi passa sotto le mura di Gerusalemme vede le ruspe costruire il gigantesco parcheggio sotto la torre di Davide, con i suoi gradoni iper-moderni che si arrampicano violenti fin dentro la città antica.
La guerra ideologica per il controllo, di tutta Gerusalemme, si combatte a colpi di edifici, di nuove costruzioni, di unificazioni urbanistica e strutturale di una città che è duplice anche nel nome. La paura che gli accordi di domani possano portare ad una nuova divisione della città sta uccidendo la città stessa. Spesso i confronti ideologici hanno prodotto risultati del genere.