Più che un carcere, è una tomba

ZUFFA GRAZIA

Più che un carcere, è una tomba

GRAZIA ZUFFA L

A MORTE di un detenuto in cella è sempre più frequentemente cronaca crudele di tutti i giorni: l'ultimo malato, deceduto nel carcere di Torino a causa dell'Aids, dimostra che neppure in presenza di una malattia così grave e devastante è possibile far valere il diritto alla salute, costituzionalmente garantito a tutti sulla carta, contro l'implacabile logica della costrizione carceraria.

Eppure, dopo lunghe battaglie delle associazioni dei sieropositivi, era stata approvata in parlamento una legge che sancisce l'incompatibilità col carcere dei malati di Aids: legge imperfetta, come si sa, che permette la scarcerazione solo dei soggetti in condizioni estreme di caduta delle difese immunitarie, sì che alcuni, come il detenuto di Torino, non hanno più tempo di vita per far valere i propri diritti. E così la legge si traduce spesso in amara e tragica beffa. Fa bene la Lila a promuovere una giornata di lotta, per far sì che la norma consenta davvero ai sieropositivi gravi di curarsi in condizioni più umane, fuori dal carcere.

Ma vorrei ricordare che tutto ciò non sarà sufficiente se non si attenuerà la pressione sociale che chiede a gran voce il carcere come strumento principe di controllo della marginalità sociale, con pesanti ripercussioni sulla condotta della magistratura. Nella scorsa legislatura, la commissione di indagine del senato sulla situazione sanitaria delle carceri verificò che molti malati, il cui livello di linfociti T4 avrebbe consentito, anzi avrebbe prescritto la scarcerazione, non erano in realtà liberati, tardando il pronunciamento dei giudici: che anzi spesso richiedevano un supplemento di analisi mediche.

E così tra pratiche burocratiche ed estenuanti carteggi fra medici, amministrazione penitenziaria e magistratura si consuma la vita di esseri umani. Non mi sarà facile dimenticare un detenuto di Poggioreale, costretto a letto in cella, allo stadio terminale dell'Aids, già scarcerato per l'estrema gravità delle sue condizioni, e di nuovo incarcerato per scontare un residuo di pena di appena un mese: niente poteva per lui la legge poiché la fine dell'espiazione (e forse purtroppo la morte) sarebbe giunta prima di una nuova liberazione per incompatibilità.

L'abuso della custodia cautelare

C'

E' DI PIU': non possiamo dimenticare che la presenza di tanti sieropositivi nei penitenziari è legata all'enorme percentuale di detenuti tossicodipendenti, causa principale, insieme all'abuso di custodia cautelare, dell'attuale sovraffollamento carcerario. Il carcere è il luogo di massimo rischio di contagio per chi vi è rinchiuso, essendo pregiudizialmente escluso ogni intervento di riduzione del danno. Quasi ovunque l'operato dei servizi per tossicodipendenti è subalterno alla logica costrittiva e punitiva del carcere: quella cioè che tollera di fatto (non potendo in alcun modo contrastarlo) che la droga e le siringhe sporche circolino nelle celle, ma non permette l'uso del metadone nonché l'informazione e i mezzi per consentire al tossicodipendente di tutelare la propria e l'altrui salute. Il carcere si traduce perciò in una doppia afflizione: la perdita della libertà e della salute, spesso in maniera irrecuperabile.

Proprio in questi giorni il senato sta discutendo il decreto che ripartisce i finanziamenti del fondo antidroga. Il precedente governo aveva, guarda caso, cancellato ogni sovvenzione ai progetti di riduzione del danno. Chiediamo invece che a questi sia data priorità, cominciando proprio dal luogo degli esclusi, dal carcere.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it