LIRA L'emergenza continua: quota 1.100

BARIGAZZI SILVIA

LIRA L'emergenza continua: quota 1.100

SILVIA BARIGAZZI

MILANO Non per i cambi, ma per l'inflazione. Così, anche se in via informale, Bankitalia è tornata ieri a spiegare il rialzo del tasso di sconto all'8,25 per cento di martedì sera: "Non esiste alcuna contraddizione - hanno spiegato in via Nazionale - fra l'andamento del mercato dei cambi e l'aumento del tasso di sconto" mirato a "contrastare le pressioni inflazionistiche" dopo l'imprevista salita dei prezzi in febbraio.

Una precisazione utile, visto che ieri per la lira è stata un'altra giornata da dimenticare: record dei record negativi in mattinata con un cambio contro il marco che sfonda quota millecento, con picchi di 1.107,50-1.108 in mattinata, "fotografia" del primo pomeriggio, nelle rilevazioni indicative di Bankitalia, sempre sopra le righe a 1.099 (1.095 martedì) e ripresa del'ottovolante nel pomeriggio, con punte fino a 1.105-1.106, "miglioramento" (a 1.103) in serata. Meno sfortunata, la lira, verso il dollaro che ha chiuso a 1.617, dopo le indicative a 1.625 (1.616 martedì). Future sui Btp -contratti a termine sui titoli di stato -in calo di 60 centesimi, Piazzaffari in perdita dell'un per cento abbondante in mezzo a scambi cospicui e con gli occhi e i prezzi puntati sul futuro di foro Buonaparte (le Ferfin hanno guadagnato il 7). Una reazione quasi britannica, se si considera che il rialzo del tasso di sconto, per gli effetti di freno che può avere sull'economia, viene visto dalla borsa come il fumo negli occhi.

Insomma, è andata male, si commenta, ma poteva andare peggio per tutti. L'aumento del costo del denaro viene visto con più favore dell'ultima volta, il dodici agosto scorso, o perlomeno come "inevitabile".

I mercati dei cambi sono in questo momento la parte più scoperta e nervosa. Al ribasso della lira di ieri hanno contribuito i soliti fattori di questi giorni, anche se con degli aggiornamenti. Il dollaro, innanzitutto, continua a indebolirsi nei confronti del marco, verso cui fondi e investitori stanno dirottando i fiumi di miliardi investiti in Messico e in America Latina, temendo che prima o poi qualche altro paese sud-americano possa fare la fine della terra di Zedillo. Ieri la discesa del dollaro ha fatto ancora una volta da scivolo alla lira, sia in mattinata sia soprattutto nel pomeriggio, dopo che il governatore della Federal Reserve - la banca centrale statunitense - Greeenspan ha previsto una possibile ripresa dell'inflazione negli Stati uniti a breve. Il dollaro ha toccato il fondo da due anni e mezzo a questa parte -dall'ottobre '92 - contro la moneta tedesca arrivando a 1,4650. La lira, in confronto, ha quasi retto. Sulla moneta italiana hanno poi influito le ultime incertezze pre-manovra e un dubbio. Quando, poco dopo le quattro del pomeriggio, Dini è salito al Quirinale, gli operatori dei cambi, ormai con i nervi a fior di pelle, hanno cominciato a chiedersi: non è che si stia dimettendo? Una curiosità, che assieme alla discesa del dollaro, è costata quattro punti secchi di perdita.

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